Se guardi sugli scaffali dei supermercati, noterai che le bottiglie d’acqua occupano spazio da protagonista, ormai sono parte integrante della nostra routine quotidiana. C’è però da dire che, dietro a immagini di sorgenti limpide e paesaggi incontaminati – belli da vedere – si nascondono differenze sostanziali nella composizione minerale delle acque. Queste diversità incidono, in particolare, sulla salute renale, soprattutto per chi ha già qualche problema o è più fragile. Gli ultimi dati suggeriscono di fare attenzione al tipo di acqua che scegliamo ogni giorno: non tutte le bottiglie sono uguali e alcune possono sovraccaricare l’organismo più di quanto immaginiamo.
Tra i minerali che meritano un controllo particolare troviamo il sodio, il calcio e i nitrati. Quando sono presenti in quantità elevate, possono mettere a dura prova la funzionalità dei reni. Questo riguarda soprattutto chi soffre di disturbi renali o ipertensione, ma conviene pensarci anche per chi sta bene: bere spesso acque molto “minerali” favorisce la formazione di calcoli renali o affatica i reni, soprattutto d’estate, quando consumiamo più liquidi. Gli esperti consigliano di preferire acque con un residuo fisso sotto i 200 mg/L per un consumo quotidiano senza sorprese.
Le differenze tra le acque più diffuse e cosa leggere sull’etichetta
Apparentemente simili, le acque minerali vendute in Italia nascondono caratteristiche davvero diverse, come mostrano vari test di enti di controllo nazionali. Alcune marche molto note superano ampiamente i 900 mg/L di residuo fisso, mentre altre toccano valori bassissimi, intorno a 20 mg/L. Un aspetto meno considerato riguarda le acque gassate: l’idea che la presenza di anidride carbonica equivalga a un basso contenuto minerale non regge quasi mai – anzi, spesso queste acque contengono molto sodio o bicarbonati. Curioso, vero? Quasi il 50% delle acque frizzanti supera la soglia di 20 mg/L di sodio, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non superare per consumi prolungati.

Per chi vive in città come Milano o Torino, guardare le etichette è più che una buona abitudine. Valori di residuo fisso, sodio, nitrati e durezza incidono sulla scelta e, soprattutto, sulla sicurezza di bere quell’acqua. Quando il residuo fisso supera 1000 mg/L, meglio limitarne l’uso a qualche occasione. Chi ha ipertensione o problemi ai reni deve stare ancora più attento al sodio, mantenendolo al minimo. Se aspettate un bambino o avete bambini in famiglia, occhio a non superare i 10 mg/L di nitrati: è una soglia suggerita per evitare rischi legati a un eccesso di questi elementi.
L’alternativa domestica e la scelta consapevole
C’è chi, negli ultimi anni, ha scelto filtri domestici certificati per bere acqua buona direttamente dal rubinetto. Ecco, così si risparmia e si tutela anche l’ambiente. Circa il 29% delle famiglie italiane monta sistemi che eliminano cloro, metalli pesanti e altre impurità, mantenendo però i sali minerali necessari per il corpo. Un dettaglio non da poco: molti comuni – da Bologna a Torino – mettono a disposizione dati aggiornati sulla qualità dell’acqua, utili per capire se quella del rubinetto in casa è davvero adatta a tutta la famiglia.
I sistemi più diffusi sono i filtri a carboni attivi e gli impianti a osmosi inversa, entrambi da manutenere regolarmente per non perdere efficacia. Paragonato alla spesa media di circa 300 euro all’anno per una famiglia che compra acqua in bottiglia, questo investimento si ripaga in fretta. Il rischio di consumare acque con troppi minerali non riguarda solo chi ha problemi di salute, ma anche chi beve senza riflettere. Sapere cosa si beve aiuta ad alleggerire il carico sui reni e a gestire meglio un bene fondamentale ogni giorno.
Alla fine, capire le informazioni riportate sull’etichetta è una mossa furba per evitare scelte sbagliate o basate solo sul gusto. L’attenzione alle acque meno indicate per un consumo frequente non vuol dire agitare inutilmente le acque, ma stimolare una selezione più equilibrata e consapevole. Ormai questo tema sta entrando nel dibattito pubblico e, – come si dice dalle parti nostre – fa capire quanto serve bilanciare meglio le abitudini di consumo, la sicurezza personale e la salvaguardia delle nostre preziose risorse idriche in Italia.