Un’escursione tra alberi inumiditi dalla pioggia lascia trapelare un aroma pungente: un mix di terra bagnata e un’aggressiva nota di decomposizione. Sul sentiero, tra foglie fradice, spunta una forma bitorzoluta, quasi aliena. Chi percorre questi boschi in questi mesi lo nota subito, e lo raccontano i tecnici del settore: non si tratta di un fungo qualsiasi.
I bracci sporgenti dal suolo sfoggiano un rosso vivo, come se fossero dipinti con un sangue antico. L’aria intorno pare pesare di un silenzio innaturale, rotto soltanto dal brusio delle foglie mosse dal vento. È così che si presenta Aseroë rubra, un organismo che sembra uscito da un incubo ben lontano dalle nostre consuete passeggiate.
L’aspetto di un predatore nascosto
La prima volta che un micologo si imbatte in Aseroë rubra resta colpito dalla struttura del basidioma: una sfera biancastra che si spacca lasciando fuoriuscire raggi di un rosso intenso. Il corpo di questo fungo è rivestito di una gleba vischiosa, dove si nascondono milioni di spore. Lo descrive così l’Associazione micologica Amint, sottolineando l’aspetto che ricorda riflessi di attinie o stelle marine, ma con un taglio più spigoloso, quasi contundente.

La somiglianza con il Demogorgone, il celebre mostro di Stranger Things, non è una libera interpretazione: i bracci rossi richiamano le mascelle di quella creatura, con una geometria quasi ipnotica. Un dettaglio che molti sottovalutano è la simmetria quasi perfetta, un motivo per cui alcuni appassionati parlano di “forma predatoria” nella natura selvaggia.
Si tratta di un organismo saprofita, capace di nutrirsi di materia in decomposizione. Non attacca piante vive ma sfrutta ciò che il bosco abbandona, un ciclo che porta alla luce l’equilibrio degli ecosistemi. Lo ha documentato un gruppo di studiosi europei, evidenziando come questo fungo ricicli sostanze organiche con un’efficienza sorprendente.
Diffusione e habitat del fungo
Originario dell’Australia, Aseroë rubra ha iniziato a espandersi grazie a uno scambio involontario di spore. Nel corso degli anni è stato segnalato nel Nord America e in varie regioni d’Europa, compresa l’Italia, soprattutto in aree umide e ombrose. I boschi di latifoglie e i giardini pubblici sono diventati i principali centri di osservazione.
Gli esperti spiegano che l’arrivo in nuove aree è favorito dal trasporto di legna e dal commercio di piante in vaso. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno, quando il terreno è più compatto e facilita la crescita del basidioma. Nelle Alpi e nell’Appennino è più raro, ma non impossibile trovarlo a bassa quota, dove la temperatura media rimane mite ogni stagione.
In Italia, segnali di questo fungo emergono in parchi urbani e giardini domestici, specialmente dopo piogge prolungate. Chi cura spazi verdi lo osserva come un curioso indicatore di umidità e ricchezza organica. Un aspetto che sfugge a chi vive in città, ma che i micologi monitorano costantemente per capire la diffusione reale sul territorio.
L’odore che avverte del pericolo
Il richiamo più inquietante di Aseroë rubra è il suo odore cadaverico. Tecnici del settore parlano di una fragranza simile a carne putrida, capace di far rivalutare la propria curiosità in pochi secondi. Un fenomeno olfattivo che emerge con forza soprattutto in ambienti chiusi, dove la concentrazione di agenti volatili aumenta.
Questo odore serve al fungo per attirare insetti: il mancato avvicinamento da parte di chi pratica escursionismo è un vantaggio collaterale. Alcuni micologi ribadiscono che, nonostante l’aspetto raccapricciante, non è velenoso, ma il suo profumo scoraggia ogni tentativo di raccolta. Un aspetto da non sottovalutare in montagna, dove il vento può trasportare lontano queste particelle odorose.
Se durante una gita nei boschi imbattete in questi bracci rossi che emergono dal terreno, è consigliabile mantenere le distanze. Un dettaglio che molti sottovalutano è la rapidità con cui il fungo si deteriora dopo la maturità, lasciando un alone nero che si fonde con il sottobosco. La prossima volta che incrocerete un esemplare potrebbe essere già in fase di disfacimento, una testimonianza concreta del ciclo naturale che si ripete in ogni stagione.